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I dati sui matrimoni sono chiari: l'Italia è destinata all'estinzione

Roberto Volpi

Numeri drammatici sul fronte nascite: il 2018 segnerà un record negativo: 440 mila, il 30 per cento in meno della media Ue

Brividi lungo la schiena. Questo si prova a leggere e analizzare i dati sui matrimoni relativi all’anno 2017: una perdita devastante di 12 mila matrimoni rispetto al 2016 (da 203 a 191 mila), pari a un decremento percentuale di quasi il 6 per cento, il secondo più alto di sempre dopo quello del 1975 post referendum sul divorzio, ci dà la misura di quanto sulla popolazione italiana incomba ormai il fantasma della pura e semplice sparizione, perché la fine del matrimonio trascina con sé famiglie e nascite, e in una parola la società tutta quanta.

 

E ciò a maggior ragione se si pensa che sono proprio le componenti essenziali e quantitativamente preminenti dei matrimoni a crollare miseramente. Non i matrimoni con almeno uno sposo straniero – che aumentano – non i secondi matrimoni di divorziati e vedovi – che aumentano anch’essi leggermente – ma i matrimoni tra italiani, che retrocedono di oltre 14 mila unità, il 7,9 per cento in meno, e i matrimoni di celibi e nubili, ovvero i primi matrimoni, che arretrano di 13 mila unità, pari al 7,3 per cento in meno. Il tutto completato dal più preoccupante ancora precipitare del matrimonio religioso verso il suo stesso azzeramento: -11.301 unità, pari a un vero e proprio smottamento del 10,5 per cento capace, reiterandosi, di annullare in una dozzina di anni questa decisiva componente dei matrimoni italiani, passata a rappresentare da pressoché il cento per cento dei matrimoni ad appena un matrimonio su due. Perché questo arretramento del matrimonio religioso è ancora più preoccupante di tutto il resto, è presto detto: ancora oggi il 70 per cento delle nascite avviene in Italia in costanza di matrimonio, dentro il matrimonio, ma è il matrimonio con rito religioso quello che assicura nettamente più nascite rispetto al matrimonio con rito civile – quest’ultimo è infatti soprattutto il matrimonio cui ricorrono divorziati, vedovi e coppie miste di italiani-stranieri, diversamente dal matrimonio religioso che resta di gran lunga il preferito da celibi e nubili, di età più giovanile e con una più alta propensione ai figli.

 

E, a questo riguardo, ecco un promemoria per chi ancora non l’avesse capito: la caduta del matrimonio in Italia a livello da record del mondo al negativo si accompagna alla continua decrescita del numero delle nascite, che si appresta a segnare, nel corrente anno 2018, un ulteriore balzo indietro, il decimo consecutivo, di altre 15-18 mila unità. Arriveremo nel 2018 attorno alle 440 mila nascite, un livello che in una popolazione di 60,5 milioni di abitanti significa un tasso di natalità di poco superiore alle 7 nascite annue per 1.000 abitanti, del 30 per cento sotto la media dell’Ue – ch’è a sua volta la regione del mondo con il record della denatalità.

 

I begli spiriti che hanno disquisito contro il matrimonio sono pregati di prendere atto che la fine del matrimonio segna anche il precipitare delle nascite e che ai livelli annui di nascite che sta inanellando l’Italia – mentre i morti in una popolazione a tal punto vecchia come la nostra spadroneggiano in lungo e in largo, a momenti doppiandole – l’Italia è letteralmente destinata all’estinzione. Un’estinzione che ci ridurrà molto lentamente alla metà dei milioni attuali, ma ben più velocemente, altri trenta, altri cinquant’anni alla più lunga, a un rudere demografico senza arte né parte né la forza di muovere un muscolo – che, del resto, a quel momento non avremo neppure più.

 

L’alta nuzialità ha segnato gli anni della ricostruzione, del miracolo economico, dell’intraprendenza e della fiducia degli italiani nel futuro. Il ritorno a un nuovo clima nel paese passa anche da qui: sono i matrimoni a dirci quanto siamo sani o, diversamente, ammalati. Attualmente siamo a uno stadio pressappoco terminale. Non sarebbe male se anche la chiesa, la prima a pagare pegno, lo capisse e si desse una mossa.

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